Ditta Dott.ssa Rosalba
Neuropsicomotricista
dell'Età Evolutiva
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Cos’è la Paralisi Cerebrale Infantile?

 

CARATTERISTICHE GENERALI

La paralisi cerebrale infantile è un disturbo persistente ma non progressivo della postura e del movimento dovuto ad alterazioni della funzione cerebrale infantile prima che il cervello abbia completato il suo sviluppo.

La paralisi cerebrale infantile rappresenta l’esito di una lesione del sistema nervoso centrale che comporta una perdita più o meno estesa di tessuto cerebrale.

Le manifestazioni della lesione sono caratterizzate prevalentemente, ma non esclusivamente, da un’alterazione delle funzioni motorie. In questo sito ci occupiamo esclusivamente della riabilitazione degli esiti motori.

LE CAUSE

L’evento lesivo può avere avuto origine in epoca prenatale o postnatale, ma in ogni caso, nei primi 3 anni di vita del bambino. Periodo di tempo in cui vengono completate le principali fasi di crescita e sviluppo della funzione cerebrale nell’essere umano.

Il disturbo è definito persistente in quanto la lesione a carico del cervello non è suscettibile di guarigione in senso stretto, ma la patologia non tende al peggioramento spontaneo perché la lesione stessa, sostituita da lesione cicatriziale, non va incontro a fenomeni degenerativi. Le manifestazioni della malattia, comunque, non sono fisse, perché i sintomi mutano nel corso del tempo e possono beneficiare di un trattamento riabilitativo o, nei casi più gravi, chirurgico.

EPIDEMIOLOGIA

L’incidenza della paralisi cerebrale infantile che, nei paesi occidentali, risulta stabile da alcuni anni è di 2-3 casi ogni 1000 nati vivi. E’ più elevata nei bambini prematuri (in particolare sotto le 32 settimane di età gestazionale) e nei neonati inferiori a 1500 gr.

Queste categorie di bambini, infatti, hanno una maggiore probabilità di andare incontro a fenomeni di alterazione prolungata del flusso cerebrale, indipendentemente dalle caratteristiche del parto, a causa dell’immaturità dei loro sistemi di regolazione.

CLASSIFICAZIONE TOPOGRAFICA

La paralisi cerebrale infantile non è un disturbo omogeneo, poiché la patologia può assumere livelli diversi di gravità e manifestazioni in forme anche molto differenti l’uno dall’altra.

La classificazione più seguita a livello internazionale è basata su criteri che combinano la localizzazione topografica delle difficoltà motorie, per esempio “ipertonia di tipo spastico”. Le forme tetraplegiche risultano le più frequenti e sono circa 1/3 di tutti i casi di paralisi cerebrale infantile. La classificazione in base alla sede del disturbo è la seguente:

Tetraplegia, disturbo del controllo motorio del tronco e dei 4 arti

Emiplegia, disturbo del controllo motorio di un emilato

Diplegia, disturbo del controllo motorio dei 4 arti ma prevalente agli arti inferiori

Triplegia, disturbo del controllo motorio di 3 arti 

Monoplegia, disturbo del controllo motorio di un solo arto

 La Triplegia e la Monoplegia rappresentano forme lievi rispettivamente di diplegia e di emiplegia. 

Da notare che nel bambino la desinenza “plegia” è di fatto intercambiabile con quella di paresi. Il termine Paraplegia , a volte erroneamente usato al posto di Diplegia, non indica un tipo di paralisi cerebrale infantile, ma un disturbo del controllo motorio degli arti inferiori, causato da lesioni del midollo spinale.

Classificazione motoria

Dal punto di vista del tono muscolare la paralisi cerebrale infantile si classifica in:

Forme spastiche ovvero aumento costante del tono in alcuni gruppi muscolari

Disturbo della coordinazione e dell’equilibrio

Forme discinetiche o distoniche cioè fluttuazioni, instabilità continua del tono muscolare e presenza di movimenti parassiti-forme miste con sintomatologia combinata di 2 o più forme

EZIOLOGIA

L’evento scatenante può dipendere dai seguenti fattori:

Prenatali, fattori genetici, infezioni materne o agenti tossici in gravidanza, gestosi

Perinatali, prematurità sotto le 32 settimane di età gestazionale, ipossia, ischemia nel bambino nato a termine, parto difficoltoso

Postnatali, meningoencefaliti, trauma cranico, arresto cardiocircolatorio prolungato, stato di male epilettico, convulsioni che si prolungano oltre i 30 minutiLe cause più frequenti sono:

Basso peso alla nascita (35-40%)

Eventi ischemici intrauterini (5-10%)

Infezioni (5-10%)

Anomalie cerebrali (5-10%)

Errori metabolici (5%)

Asfissie intraparto (10 %)

Fattori genetici

Fattori cromosomici (2-5%)

Altri (20%) 

PATOGENESI

Nel neonato prematuro i meccanismi responsabili del danno cerebrale sono correlati ai 2 quadri dell’emorragia intraventricolare e della leucomalacia periventricolare. Entrambi danno luogo a fenomeni di degenerazione della sostanza bianca che circonda i ventricoli cerebrali.

Poiché si tratta della zona in cui decorrono le fibre che collegano gli arti inferiori alle corrispondenti aree cerebrali motorie e di elaborazione sensoriale, l’esito è solitamente di forma diplegica. Nel neonato a termine può verificarsi un’asfissia generalizzata con danno diffuso dell’intero encefalo che si manifesta come una tetraplegia. Oppure, nel caso di una occlusione di un’arteria cerebrale, la lesione può verificarsi in parte o in tutto un emisfero cerebrale determinando un’emiplegia di gravità variabile.

Aspetti clinici e decorso motorio

Gli aspetti clinici sono largamente variabili a seconda delle forme di paralisi cerebrale infantile e della gravità.

-Nelle forme emiplegiche le principali tappe dello sviluppo sono lievemente ritardate. Il quoziente intellettivo è solitamente nella norma, ma talvolta si verifica un ritardo nel linguaggio.

In circa un terzo dei casi può manifestarsi un’epilessia più spesso di tipo parziale con generalizzazione secondaria, ben controllabile con la terapia farmacologica. Nel corso del tempo i muscoli colpiti possono diventare ipotonici e spastici. E’ frequente una riduzione della lunghezza della gamba colpita. Il cammino è sempre raggiunto spontaneamente.

-Nelle forme diplegiche e nelle doppie emiplegie è più frequente un disturbo delle funzioni visive. In un terzo dei casi è presente un ritardo mentale di grado lieve-medio, mentre in circa metà dei casi è possibile la comparsa di epilessia, di norma controllata dal trattamento farmacologico.

La grande maggioranza di questi pazienti acquisisce il cammino sebbene, spesso, tramite l’utilizzo di deambulatori e di tutori gamba-piede. Una parte di questi, però, perderà tale funzione in età adulta. Poiché la spasticità determina nel tempo deformità delle articolazioni del piede, anca,e talvolta della colonna vertebrale il cammino è sempre più faticoso e sempre meno funzionale.

Il paziente ha un equilibrio sia statico che dinamico che lui percepisce essere sempre precario ed è quindi costretto ad adottare una serie di strategie motorie per sottrarsi alla forza di gravità e non cadere. Queste strategie, veri e propri compensi muscolari, sono attivate a volte in modo volontario, altre volte in modo assolutamente inconsapevole. Fino a che non diventano completamente automatiche tanto che il paziente e i familiari ritengono, erroneamente, che non possono essere più modificate.

-Le forme tetraplegiche sono le più gravi. Sono quasi invariabilmente associate a disturbi della masticazione, deglutizione, fonazione. Risulta elevata l’incidenza di ritardo mentale sia medio che grave e sono frequenti i disturbi sensoriali (ipovisione e sordità).

Il rischio di epilessia con crisi polimorfe parziali, generalizzate e spesso resistenti al trattamento farmacologico, è elevato. Non è quasi mai appreso il cammino in senso funzionale, nei casi più gravi non viene acquisita neanche la capacità di stare seduti correttamente ne quella di usare gli arti superiori per le tipiche funzioni. Questi pazienti possono anche presentare quadri di gravi scoliosi.

Sintomi associati

Possono essere associati ai disturbi motori anche altri disturbi:

Sensoriali (vista e udito)

Cognitivi 

Logopedici

Apprendimento

Ansiosi/depressivi

Personalità

Epilessia (più frequente nei casi con gravi problemi motori)